Dal mese di settembre l'assemblea no-Gelmini dà voce agli studenti e alle studentesse dell'Ateneo torinese che vogliono reagire di fronte alla minaccia rivolta contro l'Università pubblica italiana dagli articoli 16 e 66 (comma 7 e 13) della Legge Finanziaria
(legge 133/2008) approvata in Senato il 6 agosto 2008.
Nel corso di questo mese di mobilitazione, l'Assemblea no-Gelmini ha riunito studenti e studentesse provenienti da tutte le facoltà dell'Università degli studi di Torino. All'Assemblea, contenitore di idee e strumento di coordinamento della mobilitazione, partecipano i singoli studenti, i collettivi, le associazioni e le liste di rappresentanza che si sono riconosciuti, indipendentemente dalle proprie peculiarità, nell'assemblea stessa. L'indignazione suscitata dal gravissimo attacco mosso all'Università pubblica ha ispirato in tutti noi un clima di assunzione di responsabilità, grazie alla quale sono state superate le difficoltà dovute ai molteplici punti di vista ed alle differenti appartenenze e sensibilità.
In questi giorni si stanno sprecando speciali televisivi, editoriali sulla carta stampata che ritraggono paralleli tra la nostra mobilitazione e le lotte del'68. Pur riconoscendo e condividendo lo spirito, le battaglie, gli obiettivi e le vittorie della “generazione infinita”, siamo consapevoli che oggi il contesto in cui si sta sviluppando la nostra lotta è di tutt'altra natura.
Le differenze appaiono subito evidenti: negli anni '60 quegli studenti e quelle studentesse si rivoltarono contro la generazione dei loro padri. Noi, oggi, ci troviamo paradossalmente ad invidiare i nostri genitori e le loro antiche sicurezze. Per i ragazzi del Sessantotto immaginare un futuro migliore, lottare per esso era un obbligo che il loro tempo imponeva; noi siamo stati definiti generazione “no future”, senza futuro. Oggi essere studenti e studentesse e lottare immaginando un altro futuro è già di per sé un atto di coraggio. Vorrebbe esserci negata la possibilità stessa di immaginare l'alternativa. La nostra mobilitazione vuole riprendersi questa possibilità e nel farlo sta agendo un altro modo di praticare la politica e di dare senso a quest'ultima.
La vera novità di cui tutti gli analisti, i mezzi di informazione dovrebbero parlare sta proprio nell'autonomia che questo movimento si sta ritagliando rispetto a tutto ciò che l'ha preceduta: la nostra generazione è forse la prima che si è scrollata di dosso la pesante eredità del'68 fatta di paternalismo verso le generazioni successive.
A partire da tali rilievi, ribadiamo l'assoluta indipendenza dell'Assemblea no-Gelmini da qualsiasi formazione istituzionale, partito o sindacato che sia. Ritroviamo proprio in questa autonomia la nostra forza e spinta propositiva.
L'Assemblea rivendica però al tempo stesso la sua forte politicità nel contrastare gli attuali provvedimenti e nell'inserire la propria azione in un processo di cambiamento. Politicità che la porta a considerare come punti di partenza per un qualsiasi discorso propositivo l'adesione ai principi dell'antifascismo, dell'antirazzismo e dell'antisessismo. Questa netta e definitiva presa di posizione dell'Assemblea vuole essere un modo per chiarire definitivamente che quegli studenti dell'estrema destra che in questi giorni stanno cercando strumentalmente di cavalcare il movimento non sono assolutamente rappresentativi del nostro comune sentire. I nostri contenuti non possono che essere differenti da quelli di coloro che, al di dentro o al di fuori del Parlamento, si fanno promotori di classi differenziate per i bambini immigrati nelle scuole primarie o che da sempre rivendicano privilegi per pochi e nostalgicamente si rifanno al Ventennio Fascista. Con tutti costoro l'Assemblea non intende in alcun modo essere confusa, nonostante l'avversità da loro in certe occasioni espressa nei confronti dei provvedimenti legislativi di cui sopra.
La consapevolezza del nostro agire politico, d'altra parte, si riscontra anche nel legare questa lotta ad un ragionamento più ampio che porta a riflettere sulla crisi del sistema economico mondiale e sui soggetti che ne pagheranno le conseguenze. L'istruzione pubblica non dovrà pagare colpe di altri. La crisi economica è la dimostrazione del fallimento di un modello che ha come primi interpreti coloro che oggi propongono solamente nuovi tagli.
Siamo consapevoli che i provvedimenti contenuti nella legge 133/2008 sono solamente l'ultimo tassello di un disegno ben preciso che ha visto il suo inizio già con gli anni '90 (legge Ruberti, 1990). L'obiettivo è il progressivo smantellamento del settore pubblico, di cui sicuramente l'istruzione è uno dei settori strategici. Privatizzare quest'ultimo, e di conseguenza inserirlo in un contesto di libero mercato, significa considerare la formazione al pari di qualunque altra merce, svilendone così il suo carattere di bene comune. L'istruzione è uno dei più importanti modi con cui ogni individuo acquisisce la consapevolezza della propria condizione sociale e sviluppa la capacità critica necessaria a impedire la riduzione del suo status di cittadino a quello di suddito.
La Legge 133/2008 è dunque un punto d'arrivo e al tempo stesso punto di non ritorno. Questa nostra battaglia acquisisce un significato particolare perché si tratta forse di una delle ultime occasioni in cui la contesa è l'affermazione o meno di un diritto fondamentale.
L’Assemblea no-Gelmini di Torino ribadisce, dunque, la necessità di intensificare la mobilitazione in ogni sede universitaria a livello nazionale per un completo ritiro del provvedimento e intende essere luogo di elaborazione e costruzione di un’Università differente da quella presente e passata.
L’Università che vogliamo è spazio realmente pubblico, dove ogni forma di criticità è ammessa e non esistono meccanismi di esclusione sociale: tutta la popolazione presente in Italia, di qualsiasi estrazione sociale, reddito, appartenenza linguistica ed origine geografica deve aver diritto ad un libero accesso all’istruzione universitaria.
In secondo luogo, l’Università che vogliamo è basata sul confronto critico e sulla discussione, non sulla lezione frontale come nell’arcaico presente delle nostre accademie. Il seminario deve diventare il perno della vita intellettuale universitaria, che deve finalmente differenziarsi realmente dal liceo, come già avviene in molti altri paesi nel mondo. Le studentesse e gli studenti non dovranno più essere utenti, ma soggetti in grado di autovalorizzarsi nello studio e produrre effettivi avanzamenti critici in ogni settore scientifico.
In terzo luogo, l’Università italiana per cui lottiamo dovrà promuovere una ricerca libera e critica, estranea a interessi particolaristici, lobbistici e privati, ed essere luogo di socializzazione di un sapere che supera i confini tra accademia e società, tra università e metropoli, per essere ricchezza sociale comune. L’accesso alla ricerca dovrà essere liberato da ogni dinamica nepotistica e clientelare e dovrà valorizzare l’impegno, la creatività e le capacità critiche più che l’obbedienza ai dogmi in ogni disciplina, laddove esistano, e il conformismo intellettuale.
L’onda anomala delle facoltà torinesi occupate promuove e sostiene la nascita di collettivi studenteschi e assemblee in ogni sede universitaria, facoltà e corso di laurea, affinché si moltiplichi il dissenso, si estenda la critica, e l’Università del futuro trovi qui i mille laboratori della sua sperimentazione.
Torino, 30 ottobre 2008
ASSEMBLEA NO GELMINI - TORINO -
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